giovedì, aprile 22, 2010

PROCESSO MILLS - BERLUSCONI CORRUTTORE

Striscia Rossa dell'Unità di oggi (fonte bene informata sebbene di parte) riporta che Berlusconi stesso aveva giurato così: "Giuro da Presidente del Consiglio che vado a casa un minuto dopo ed esco dalla politica se dovesse venire fuori un documento di versamento, una dimostrazione di una donazione di 600 mila dollari a questo signor Mills." Silvio Berlusconi, 12 marzo 2006.
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Ora è provato con la sentenza no.15208 delle sezioni unite penali della Cassazione, la sede più alta della giustizia italiana e ancora prima dal Tribunale e dalla Corte D’appello che Mills fu effettivamente ‘corrotto’ dal Presidente del Consiglio Berlusconi per $ 600.000 affinché ‘tacesse’ (come poi fece) sulle transazioni illegali ed evasioni fiscali off-shore che permise al Cavaliere di mantenere le sue proprietà e gli ingenti profitti illecitamente conseguiti all’estero e la destinazione di una parte degli stessi ai suoi figli Marina e Piersilvio.

Minzolini prendi esempio da sky tg 24!!!!
markfer25 — 21 aprile 2010

La Cassazione non assolse Mills ma annullò la condanna di appello a 4 anni e 6 mesi solo per intervenuta ‘prescrizione’ perché si fece valere una data più antecedente la consumazione del reato. Insomma il reato di corruzione c’è stato ma è scaduto per legge la cui prescrizione era stata accorciata proprio dal governo di Berlusconi ovvero del corruttore medesimo!

Nel TG1 di Minzolini del 25 febbraio scorso era stata data la notizia di ‘assoluzione’ anziché ‘prescrizione’ distorcendo ad arte la verità come è tipico di un vassallo quale è lui ed è per questo che è stato messo alla guida del notiziario pubblico più diffuso d’Italia.

È proprio qui che avviene il corto circuito perché Berlusconi ‘controlla’ i media principali e più diffusi sia direttamente come proprietario di Mediaset che come governo sulla RAI. Inoltre come padrone di Publitalia ‘controlla’ molti altri e giornali attraverso la distribuzione della pubblicità.

In Italia è rimasto poco fuori dal suo controllo: il TG3, qualche testata di giornale e qualche TV locale con scarso seguito. Si può dire che siamo alla ‘quasi’ dittatura mediatica. In queste condizioni arriva l’informazione manipolata oppure non arriva affatto.

Ed è forse anche per questo che nessuno si ‘scandalizza’ di questa notizia. In altri paesi democratici avanzati avrebbe fatto scalpore e indotto il Capo del Governo alle dimissioni immediate. Qui invece non accade! Tutto resta come prima, come se non fosse mai accaduto.

Non esiste più nemmeno chi s’indigna per un Capo di Governo che corrompe per evadere il fisco e per arricchirsi illecitamente. Tutte cose che un Governo serio deve ‘impedire’ ai suoi cittadini.

Se c’è una cosa che ‘indigna’ veramente a questo punto è proprio la mancanza d’indignazione a cui il nostro Paese è tragicamente caduto. Si potrà un domani rialzare?
Raffaele B.


ILMESSAGGERO
Cassazione: «Mills favorì Berlusconi,
fu teste reticente sulle società offshore»

«Giusta la condanna inflitta in ottobre dai giudici di Milano»
Confermato risarcimento a Palazzo Chigi per danni immagine


ROMA (21 aprile) - «Il fulcro della reticenza di David Mills, in ciascuna delle sue deposizioni, si incentra nel fatto che egli aveva ricondotto solo genericamente a Fininvest, e non alla persona di Silvio Berlusconi, la proprietà delle società offshore, in tal modo favorendolo in quanto imputato in quei procedimenti». Lo sottolinea la Cassazione nelle motivazioni, depositate oggi, con le quali lo scorso 25 febbraio ha dichiarato prescritto il reato di corruzione in atti giudiziari nei confronti dell'avvocato inglese David Mills, negandogli però l'assoluzione.

«Mills favorì Berlusconi». Inoltre le sezioni unite penali della Cassazione - nella sentenza 15208 - spiegano che Mills, con le sue deposizioni ai processi "Arces" e "All Iberian", aveva favorito Berlusconi tacendo la riconducibilità a lui delle società del cosiddetto comparto B del gruppo Fininvest. Questo in quanto «si era reso necessario distanziare la persona di Silvio Berlusconi da tali società, al fine di eludere il fisco e la normativa anticoncentrazione, consentendo anche, in tal modo, il mantenimento della proprietà di ingenti profitti illecitamente conseguiti all'estero e la destinazione di una parte degli stessi a Marina e Piersilvio Berlusconi».

«Razionale la sentenza della Corte d'appello». Per la Cassazione, quindi, la sentenza con la quale la Corte d'appello di Milano, lo scorso 27 ottobre, aveva confermato la condanna a quattro anni e sei mesi di reclusione nei confronti dell'avvocato inglese David Mills, accusato di corruzione in atti giudiziari per aver ricevuto 600mila dollari in cambio di testimonianze reticenti in due procedimenti sul gruppo Fininvest, ha una «struttura razionale» sorretta da un «apparato argomentativo logico e coerente, esteso a tutti gli elementi offerti dal processo». Invece, i legali di Mills si sono limitati a «sollecitare la rilettura del quadro probatorio» senza dimostrare le «asserite carenze argomentative» e suggerendo una «diversa ricostruzione del fatto, non »proponibile« in sede di giudizio di legittimità.

«Giusto il risarcimento di 250mila euro a Palazzo Chigi». La Cassazione, spiegando perché ha confermato la condanna a carico di Mills a risarcire con 250mila euro Palazzo Chigi, afferma che l'avvocato inglese «con il suo comportamento configurante reato, ha cagionato alla pubblica amministrazione un danno di natura non patrimoniale» per la lesione «all'integrità della propria immagine» nei confronti della società e delle istituzioni.

L’ANTEFATTO
La Cassazione conferma: Mills fu corrotto per proteggere Berlusconi
22 aprile 2010
di Peter Gomez e Antonella Mascali
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E adesso "restituitemi l’onorabilità calpestata": questo scriveva Silvio Berlusconi in una lettera al Corriere , il 21 ottobre del 2001, ottenendo prontamente le scuse di Massimo D’Alema. Due giorni prima i giudici della sesta sezione della Cassazione lo avevano assolto "per insufficienza probatoria" nel processo per le mazzette versate dalla Fininvest alla Guardia di Finanza. E quel verdetto era così diventato la prova del complotto. L’attuale capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto, aveva chiesto una "commissione parlamentare sull’uso politico della giustizia". L’avvocato Carlo Taormina, allora sottosegretario, aveva domandato "l’arresto dei pubblici ministeri". Mentre Maurizio Gasparri, oggi capogruppo degli azzurri al Senato, con la consueta moderazione si era limitato a parlare di una sentenza che era la dimostrazione della "persecuzione giudiziaria del premier su cui bisognerà fare piena luce".
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Oggi la luce è finalmente arrivata. Il complotto c’era, ma non era stato ordito dai magistrati di Milano. Il presidente del Consiglio quella celebre assoluzione, trasformata nel leit-motiv di tante interviste e di tante campagne elettorale, se l’era infatti conquistata a suon di mazzette. Perché davvero l’avvocato inglese David Mills, testimone chiave nel processo per le tangenti versate dal Biscione alle Fiamme Gialle, è stato corrotto con 600 mila dollari. E la sua deposizione reticente è stata decisiva per far ottenere a Berlusconi la patente di perseguitato.
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A dirlo sono le sezioni unite della Corte di Cassazione nelle motivazioni della sentenza, depositate ieri, con cui il 25 febbraio hanno confermato la condanna di Mills al pagamento di 250 mila euro di risarcimento dei danni allo Stato e, per soli tre mesi, hanno considerato prescritto il reato da lui commesso. Nel documento si spiega come "il fulcro della reticenza di Mills...s’incentra in definitiva nel fatto che egli aveva ricondotto solo genericamente a Fininvest, e non alla persona di Silvio Berlusconi, la proprietà delle società off shore" da lui create. E come questa bugia abbia avuto delle conseguenze importanti. I giudici del dibattimento Guardia di Finanza, si legge a pagina 27 delle motivazioni, erano infatti stati costretti "a procedere in via induttiva, con la conseguenza che proprio la carenza di prova certa sul punto aveva determinato, nel processo Arces ed altri (mazzette Fininvest, ndr), l’assoluzione di Silvio Berlusconi in secondo grado e, definitivamente, in sede di giudizio di Cassazione".
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La faccenda diventa più chiara se si va rileggere che cosa accadde. Berlusconi, allora accusato di quattro diverse tangenti alle fiamme gialle, insieme al direttore centrale dei servizi fiscali Fininvest Salvatore Sciascia (poi condannato e oggi nominato parlamentare), esce con le ossa rotte dal primo grado. In appello però c’è il primo colpo di scena.
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Grazie alla concessione delle attenuanti generiche il Cavaliere ottiene la prescrizione per tre capi d’imputazione e viene assolto ai sensi dell’articolo 530 secondo comma (la vecchia insufficienza di prove), da un quarto. Quello che riguarda una bustarella versata da Sciascia a una pattuglia che stava indagando sulla reale proprietà di Telepiù, la prima pay tv italiana, fondata proprio da Berlusconi. Quei soldi infatti erano sì stati allungati nel 1994 perché gli investigatori chiudessero gli occhi. Ed era altrettanto certo che se l’indagine avesse dimostrato come Berlusconi, attraverso una complicata rete di società off shore e prestanome, controllava la maggioranza dell’emittente, per lui il rischio di essere sanzionato con la revoca delle concessioni di Canale 5, Italia 1, e Rete 4, sarebbe stato altissimo. Ma dopo aver ascoltato Mills ai giudici di appello era rimasto un’incertezza: la "fittizia" intestazione delle quote di Telepiù a Berlusconi per loro, non era dimostrata al 100 per cento.
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Nella pay tv erano infatti presenti pure altre soci e quindi, almeno in via d’ipotesi, anche loro e potevano avere l’interesse a un indagine poco approfondita. Nel dubbio era così scattata l’assoluzione che, a cascata, aveva portato la Cassazione a pronunciarsi allo stesso modo sulle altre tangenti.
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Oggi però la motivazione delle sezioni unite sul caso Mills rimette le cose a posto. E ricorda pure come il premier, solito ripetere "sono sempre stato assolto", in realtà si sia salvato grazie alla prescrizione dalla condanna per i 21 miliardi di lire versati estero su estero nel 1991 all’allora segretario del Psi, Bettino Craxi.
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In attesa della minacciata riforma della giustizia, un bello smacco per un leader politico che ancora lo scorso 9 dicembre, davanti all’assemblea del Ppe, spiegava così la sua fin qui fortunata parabola giudiziaria: "In Italia solo una parte dei giudici sta con la sinistra, mentre i giudici soprattutto del secondo e terzo livello sono giudici veri come negli altri Paesi". Oggi i "giudici veri" si sono pronunciati. Il leader del Pdl è uno che l’ha fatta franca. Pagando, s’intende.

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