lunedì, ottobre 05, 2009

LODO MONDADORI E IL CAVALIERE CORRESPONSABILE

cioccolatoevaniglia

05 ottobre 2009
Silvio Berlusconi: "Corresponsabile della vicenda corruttiva"

È clamoroso che per la prima volta un giudice quale Raimondo Mesiano scriva nella
sentenza della ‘corresponsabilità’ di Berlusconi in un processo dal quale è stato ‘tenuto’ fuori da leggi ad hoc. Sebbene solo per motivi ‘civilistici’, cosa non meno grave, perché si tratta di un caso di ‘corruzione’ di un giudice quale Vittorio Metta che per questo ‘emise’ una ‘ingiusta’ sentenza in appello che ‘permise’ alla Fininvest e quindi a Berlusconi di ‘appropriarsi’ della Mondadori di De Benedetti 18 anni fa.

Ora con questa ultima sentenza viene disposto un risarcimento milionario di 750M€ a favore della holding di De Benedetti. La Fininvest chiederà la 'sospensione' del dispositivo e vedremo poi cosa succederà. Una cosa è certa che questo processo si ‘dilunga’ a dismisura oltre il ragionevole accettabile ed ogni qualvolta viene ‘sentenziata’ una colpevolezza del Cavaliere si procede alle lunghe con ricorsi e appelli con stuoli di avvocati fino alle ‘prescrizioni’, quest’ultime ‘accelerate’ con apposite leggi ad personam!

Il vero ‘avversario’ del Cavaliere e di questa maggioranza al Governo non è tanto l’opposizione (normale in democrazia) ma la Giustizia, quindi la Magistratura in senso lato, i giudici che applicano le leggi. Questa si che è una cosa ‘anormale’, un’anomalia del nostro Paese, più simile alla Russia di Putin ed ai regimi Asiatici.

In un altro paese democratico occidentale qualunque primo ministro si sarebbe ‘dimesso’ per affrontare i processi anche per ‘dimostrare’ la propria innocenza e/o per ‘accertarne’ le effettive responsabilità. Nessun può essere al di sopra delle leggi, solo nelle ‘monarchie assolute’ il re ‘gode’ di questo privilegio.

Invece il nostro Premier cerca sempre di ‘sottrarsi’ ai giudici ed invoca la ‘politica’ a protezione, non solo, ma la maggioranza ora ne ha abbastanza tanto che vuole perfino organizzare una manifestazione di piazza per ‘rinforzare’ questa logica, per difendere il ‘privilegio’. Un fatto gravissimo ed unico nelle democrazie occidentali.

Domani si avrà anche il giudizio della Corte Costituzionale sul Lodo Alfano che di fatto ‘protegge’ solo Berlusconi dai processi, leggi
l’editoriale di Sartori. Aspettiamo il giudizio prima di commentare.
Raffaele B.

CORRIERE DELLA SERA
Sentenza Cir-Fininvest: «Berlusconi corresponsabile della vicenda corruttiva»
Disposto il risarcimento di 750 milioni di euro nei confronti Della holding di De Benedetti. Le motivazioni: «È da ritenere che ai soli fini civilistici Berlusconi sia corresponsabile della vicenda corruttiva»

MILANO - Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi è «corresponsabile della vicenda corruttiva» alla base della sentenza con cui la Mondadori fu assegnata a Fininvest (il cosiddetto Lodo Mondadori). Lo scrive il giudice Raimondo Mesiano nelle 140 pagine di motivazioni
con cui condanna la holding della famiglia Berlusconi al pagamento di 750 milioni di euro a favore della Cir di Carlo De Benedetti. Sentenza contro la quale peraltro la Fininvest presenterà ricorso.

MOTIVAZIONI - «È da ritenere - scrive il giudice -, "incidenter tantum" e ai soli fini civilistici del presente giudizio, che Silvio Berlusconi sia corresponsabile della vicenda corruttiva per cui si procede». La «corresponsabilità» di Silvio Berlusconi, scrive il giudice Mesiano, comporta «come logica conseguenza» la «responsabilità della stessa Fininvest», questo «per il principio della responsabilità civile delle società di capitali per il fatto illecito del loro legale rappresentante o amministratore, commesso nell'attività gestoria della società medesima».

«Si è dimostrata la ingiustizia della sentenza Metta (il giudice che fu corrotto da Cesare Previti ndr) e la sua derivazione causale dalla corruzione del giudice Metta, argomento che resiste in ragione del ruolo primario che ebbe il Metta nella formazione della decisione del collegio all'obiezione della collegialità della sentenza. «Ciò posto - aggiunge il giudice Mesiano - deve rilevarsi che se è vero che la Corte d'Appello di Roma emise una sentenza, a parere di questo ufficio, indubbiamente ingiusta come frutto della corruzione di Metta, nessuno può dire in assoluto quale sarebbe stata la decisione che un collegio nella sua totalità incorrotto avrebbe emesso».

CONTI - Il giudice di Milano scrive anche che «vale osservare che i conti All Iberian e Ferrido erano conti correnti accesi su banche svizzere e di cui era beneficiaria economica la Fininvest. Non è quindi assolutamente pensabile - scrive Mesiano - che un bonifico dell'importo di Usd 2.732.868 (circa tre miliardi di lire) potesse essere deciso ed effettuato senza che il legale rappresentante, che era poi anche amministratore della Fininvest, lo sapesse e lo accettasse». «In altre parole - conclude il giudice -, il tribunale ritiene qui di poter pienamente fare uso della prova per presunzioni che nel giudizio civile ha la stessa dignità della prova diretta (rappresentazione del fatto storico). È, come è noto, la presunzione un argomento logico, mediante il quale si risale dal fatto noto, che deve essere provato in termini di certezza, al fatto ignoto».

CORRIERE DELLA SERA
LA LEGGE ALFANO E LA CORTE
L'anomalia di quel lodo
Editoriale di
Giovanni Sartori
05 ottobre 2009

Poco più di sette an­ni fa — era il 2002 — scrivevo dell'im­munità parlamen­tare e avanzavo una propo­sta: «consentire al parla­mentare di scegliere tra sottomettersi al giudizio della magistratura o invo­care l'immunità. Però nel secondo caso non si potrà ripresentare alle elezioni e dovrà affrontare, a manda­to scaduto, il corso della giustizia. Questa proposta protegge il rappresentan­te nell'esercizio delle sue funzioni ma non consente a nessuno di sfuggire alla giustizia per tutta la vita. Immunità sì; ma non un’immunità che trasfor­mi le Camere in un santua­rio di indiziati in altissimo odore di colpevolezza».

Va da sé che questa pro­posta non fu accolta. Ven­ne invece approvata una legge che fu poi bocciata, nel 2004, dalla Corte Costi­tuzionale. Così ora ci risia­mo con il cosiddetto Lodo Alfano. Le novità sono due. Intanto scompare la parola immunità sostitui­ta dalla melliflua dizione «sospensione del proces­so penale». In secondo luogo questa immunità (perché tale è) si applica soltanto alle più alte cari­che dello Stato, e così di­venta, in apparenza, «im­munità salva-quattro».

In apparenza, perché an­che questo è un camuffa­mento. I presidenti delle due Camere non hanno mai chiesto un’immunità privilegiata, speciale, né si capisce perché ne abbiano bisogno, e cioè perché debbano essere insostitui­bili. Quanto al capo dello Stato, l'inquilino del Quiri­nale è già tutelato dall'arti­colo 90 della Costituzione, che lo rende indiziabile soltanto per «alto tradi­mento e per attentato alla Costituzione»; e in tal ca­so «è messo in stato d'ac­cusa dal Parlamento» (non dalla magistratura). Ne consegue che la «sal­va- quattro» è in realtà una cortina fumogena per una leggina ad personam (dav­vero con fotografia) che è soltanto «salva-uno» che è soltanto salva-Cavaliere.

Il fatto è che in tutte le democrazie un capo del governo viene sostituito senza drammi e senza che questo evento «possa osta­colare seriamente l'eserci­zio delle funzioni politica­mente più elevate» (come sostiene melodrammatica­mente l'Avvocatura dello Stato). Melodrammatico o no, l'argomento (discutibi­lissimo) non è un argo­mento giuridico. La Corte, che udirà il caso domani, dovrà soltanto valutare se il privilegio di intoccabili­tà a vita appetito da Berlu­sconi sia costituzional­mente accettabile.

Già, a vita. Il Lodo parla di sospensione tempora­nea; ma sembra che lasci aperto, senza dare nell'oc­chio, un varco fatto su mi­sura per Berlusconi. Nel te­sto Alfano, articolo 5, la «sospensione non è reite­rabile » se applicata a suc­cessive investiture in altre cariche; ma tace su succes­sive investiture nella stes­sa carica. Pertanto basta che Berlusconi si faccia sempre rieleggere presi­dente del Consiglio per es­sere salvaguardato sine die , senza termine. Intravedo già che l’ono­revole avvocato Ghedini di­rà proprio così. Mi chiedo se la mia pro­posta del 5 agosto 2002 non fosse meglio dei mo­striciattoli escogitati da al­lora.

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