venerdì, giugno 12, 2009

INTERCETTAZIONI – FINE DELLA SICUREZZA

Passa alla Camera anche la legge sulle intercettazioni e perfino con il contributo di 21 deputati delle opposizioni! È una legge che secondo le intenzioni dei loro autori avrebbe il compito di “migliorarla” salvaguardando la “privacy” dei cittadini messa a rischio da “intercettazioni” eccessive ed abusate.

In realtà invece si “depotenzia” solamente lo strumento investigativo della magistratura rendendolo “inutile e inefficace” consentendo sin dal primo giorno della sua applicazione via libera per
tutte le criminalità anche quelle più pericolose!

Ddl intercettazioni regalo alla criminalità Giuseppe Cascini
ItalianSpot
11 giugno 2009
Passa alla Camera il ddl Alfano sulle intercettazioni: "è la fine del contrasto alla criminalità, un regalo alla Mafia!"

L’attuale legge sulle intercettazione telefoniche e la nuova legge approvata ora alla camera Intercettazioni, ecco cosa dice il testo riportata al momento solo dal quotidiano l’Unità.

Quale privacy si vuole proteggere? Altro che protezione della “privacy” dei cittadini, con questa legge, se passerà definitivamente, si proteggerà solamente la “privacy” di tutti i “criminali” a danno questo si, della sicurezza di tutti i cittadini onesti. Non solo, ma con questa stessa legge i medesimi cittadini non potranno nemmeno essere informati su quanto avviene nei tribunali a carico di chi commette reati. Insomma una vera legge “censoria” del tipo che credevamo ci fossero solo in certi paesi asiatici o in repubbliche delle banane!

Il presidente della Repubblica ha detto che si riserverà di esaminarlo attentamente ed eserciterà i poteri che gli competono! Speriamo che ne rileverà la ovvia e manifesta incostituzionalità.

Ma non possiamo farci illusioni. La legge per bloccare di fatto le intercettazioni serve esclusivamente al Cavaliere per “zittire” la stampa e la Tv su tutto ciò che lo può danneggiare agli occhi degli elettori. La sua sopravvivenza al potere dipende da questo e quindi non vorrà rinunciare a questa legge liberticida che per salvare lui condanna tutto il Paese.

Per questo invito tutti voi a firmare
l’appello di Repubblica come ho fatto anch’io (vedere a pagina 84 al numero 41646 raffaele bonaffini – guidonia)
Raffaele B.

REPUBBLICA
Intercettazioni, oltre 70 mila firmeper l'appello di Repubblica
11/06/2009
L'autore di "Gomorra": "Si cancella un importante strumento per la ricerca della verità"
ROMA - Oltre 70mila adesioni in poche ore. Settantamila cittadini che ci mettono la faccia con nome, cognome, città e professione per affermare che il disegno di legge sulle intercettazioni approvato oggi alla Camera "è incostituzionale, limita fortemente le indagini, vanifica il lavoro di polizia e magistrati, riduce la libertà di stampa e la possibilità di informare i cittadini". Cittadini qualsiasi e, insieme, intellettuali, magistrati, politici, uomini e donne di spettacolo. A cominciare da Roberto Saviano. L'autore di "Gomorra" ha detto: "Sulle intercettazioni ci vuole più rigore: da parte di tutti, procure e giornalisti. Questo è certo. Ma quello che sta avvendendo con questa legge è rischiosissimo: così si cancella un importante strumento per la ricerca della verità".
FIRMA L'APPELLO DI REPUBBLICA.IT
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REPUBBLICA
Ieri la fiducia, oggi l'approvazione a Montecitorio. Sì al voto segreto. L'Idv espone cartelli listati a lutto.
Intercettazioni, via libera al ddl
Napolitano si riserva di esaminarlo
Il ministro Alfano: "21 deputati dell'opposizione con noi"
11/06/2009
ROMA - Via libera della Camera, tra bagarre e contestazioni, al ddl sulle intercettazioni. Si è votato con il voto segreto e i sì sono stati 318, i no 224 (un solo astenuto): numeri parlamentari alla mano, vuol dire che 21 deputati dell'opposizione - come non manca di sottolineare il ministro della Giustizia, Angelino Alfano - hanno agito da franchi tiratori, votando a favore del provvedimento. Adesso il testo passa al Senato. E nel clima di scontro sul provvedimento in serata il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano annuncia: "Mi riservo di esaminare il testo approvato e di seguire l'iter che avrà in Parlamento, per prendere poi le decisioni che mi competono. Certo, ci sono molte cose da difendere e molte cose da rinnovare". Parole che giungono poche ore dopo il voto e all'indomani dell'iniziativa dell'opposizione che ha scritto al capo dello Stato per esprimere il "profondo disagio" per un testo definito "politicamente eversivo"…
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CORRIERE DELLA SERA
IL MAGISTRATO MARIA CORDOVA
«Abbiamo arrestato ottanta pedofili. Ora sarà impossibile»
di Lavinia Di Gianvito
12/06/2009
ROMA — Duecento bambini violentati, scambiati, costretti a partecipare a festini a luci rosse. Ottanta arresti e altrettante condanne, fino a vent’anni di carcere. L’inchiesta «Fiori nel fango» è quella che Maria Cordova ricorda per prima quando si tocca il tema delle microspie. Perché di una cosa l’ex procuratore aggiunto è certa: «Senza le intercettazioni, quei risultati non li avremmo mai ottenuti».
Quanto tempo sono durati gli «ascolti»? «Almeno sei mesi. A poco a poco è emersa una catena, con pedofili che venivano a Roma anche da altre regioni».
I 60 giorni previsti adesso non sarebbero bastati?«Assolutamente no, perché le conversazioni telefoniche non sono mai chiare. Ci possono essere quattro, cinque intercettazioni che non sono univoche. Poi, a un certo punto, arriva quella che dà un senso anche alle precedenti».
Com’è cominciata l’inchiesta «Fiori nel fango»?«Con dei controlli nei campi nomadi: la polizia aveva notato dei bambini che venivano portati via in macchina di sera. Poi si è scoperto che maneggiavano un po’ di soldi e che dai loro cellulari risultavano parecchie telefonate ad adulti. Erano tutti maschi sui dieci anni».
Non c’è mai stato il rischio di violare la privacy?«No, abbiamo controllato solo le persone che apparivano collegate alle nostre ipotesi di reato, pedofilia e induzione alla prostituzione minorile» .
Questo è successo in quell’inchiesta. E in generale?«È sempre così».
Pensa che ora si dovrà tornare a metodi investigativi più «tradizionali»? «E quali? Sono in magistratura dal ’67 e le intercettazioni ci sono sempre state. Per di più allora venivano disposte dal pm, senza l’autorizzazione di un giudice».
Oggi però sembra che siano cresciute a dismisura. «Vent’anni fa c’era la pedofilia? Era così diffusa la corruzione? Molti reati esistevano, ma erano sommersi.Cosa si contesta ai magistrati, di essere troppo efficienti?».

REPUBBLICA
Intercettazioni, ecco come la riforma toglie spazio ai pm e limita la stampaDa Lady Asl agli immobiliaristi: l'obbligo di indizi "evidenti" impedirebbe molti controlli
Tangenti, "furbetti" e Calciopoli
le verità che non avremmo saputo

12/06/2009
ROMA - Gli orrori della clinica Santa Rita di Milano? Sarebbero rimasti ben segreti. Le partite truccate di Calciopoli? Avrebbero continuato a essere giocate. L'odioso stupro della Caffarella? Gli autori sarebbero ancora liberi. Il sequestro dell'imam Abu Omar? I pm di Milano non l'avrebbero mai scoperto. E gli agenti del Sismi che collaborarono con la Cia non avrebbero mai lasciata impressa sul nastro la fatidica frase "quell'operazione è stata illegale".
Lady Asl e la truffa della sanità nel Lazio? La cupola degli amministratori regionali avrebbe continuato ad operare indisturbata. I furbetti del quartierino? Per le scalate Antonveneta e Bnl forse non ci sarebbero stati gli "evidenti indizi di colpevolezza" per mettere i telefoni sotto controllo. A rischio le inchieste potentine di Henry John Woodcock, Vallettopoli, Savoiopoli, affaire Total, tangenti Inail, dove i nastri hanno continuato a girare per otto-nove mesi prima di produrre prove, e quelle calabresi (Poseidone, Toghe lucane, Why not) dell'ormai deputato europeo Luigi De Magistris.
Una moria impressionante, in cui cadono processi famosi e meno famosi, in cui le indagini sulla mafia sono messe a rischio perché non si potrà più mettere sotto controllo telefoni per truffa ed estorsione. Si salva Parmalat dove, come assicurano i pm di Milano e di Parma, le intercettazioni non furono determinanti né per arrestare Calisto Tanzi in quel dicembre 2003, né per accertare ragioni e colpevoli del crack. Ha detto e continua a dire l'Anm con una frase ad effetto, "è la morte della giustizia penale in Italia".
Nelle stesse ore in cui alla Camera, con il concorso dell'opposizione nonostante l'appello del giorno prima a Napolitano di Pd, Idv, Udc, si approva la legge sugli ascolti, nelle procure italiane, tra lo sconcerto e l'irritazione delle toghe, si fanno i conti delle intercettazioni che non si potranno più fare in futuro e di quelle che, in un passato recente, non sarebbero mai state possibili. E, anche se fossero state fatte, non si sarebbero mai potute pubblicare, né nella versione integrale, né tantomeno per riassunto. Le indagini cadono su due punti chiave della legge: "evidenti indizi di colpevolezza" per ottenere un nastro, solo 60 giorni per registrare. Così schiatta l'indagine sulla clinica Santa Rita che parte con una truffa ai danni dello Stato per via dei rimborsi gonfiati e finisce per rivelare che si operava anche quando non era necessario. Non solo sarebbero mancati gli "evidenti indizi" (se ci fossero stati i pm Pradella e Siciliano avrebbero proceduto con gli arresti), ma non si sarebbe andati avanti per undici mesi, dal 4 luglio 2007 al 24 giugno 2008. Giusto a metà, era settembre, ecco le prime allusioni a un reparto dove accadevano "fatti gravi". Niente ascolti, niente testi sui giornali, niente versione integrale letta al processo, niente clinica costretta a cambiare nome per la vergogna.
Cambia corso il caso Abu Omar, nato come un sequestro di persona semplice contro ignoti. Solo due mesi di tape. Ma la telefonata chiave, quando l'imam libero per una settimana racconta alla moglie la dinamica del sequestro, giunge solo allo scadere dei 12 mesi d'ascolto. In più la signora, in quanto vittima, non avrebbe mai dato l'ok a sentire il suo telefono, come stabilisce la nuova legge.
Per un traffico organizzato di rifiuti a Milano, dove arrivava abusivamente anche la monnezza della Campania, hanno fatto 1.500 intercettazioni per sei mesi. Solo dopo i primi due s'è scoperto cosa arrivava dal Sud. In futuro impossibile. Come gli accertamenti che fanno scoprire i mafiosi. A Palermo hanno intercettato l'imprenditore Benedetto Valenza per quattro mesi: dalla truffa e dalla frode nelle pubbliche forniture sono arrivati a scoprire che riciclava i soldi del clan Vitale e forniva cemento depotenziato pure agli aeroporti di Birgi e Punta Raisi. Idem per l'inchiesta contro gli amministratori di Canicattì e Comitini che inizia per abuso d'ufficio e corruzione e approda a un maxi processo contro le cosche di Agrigento. Telefoni sotto controllo per sei mesi, ormai niente da fare.
"La gente sarà meno sicura" dicono i magistrati. E citano lo stupro della Caffarella d'inizio anno. Due arresti sbagliati (i rumeni Ractz e Loyos), il vanto di aver fatto tutto "senza intercettazioni", poi il ricorso all'ascolto sul telefono rubato alla vittima. Domani impossibile perché in un delitto contro ignoti si può intercettare solo il numero "nella disponibilità della persona offesa". Assurdo? Contraddittorio? Sì, ma ormai è legge.

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