giovedì, aprile 16, 2009

SISMA ABRUZZO - IL CAVALIERE, LA LEGA E LO SPERPERO REFERENDUM

Dal quotidiano Il Giornale della famiglia di Berlusconi ed anche dal TG1 di oggi, il Cavaliere “ammette” tranquillamente che non può accorpare il referendum con le europee del 7 giugno pv per “risparmiare” i 460milioni per l'Abruzzo perché la Lega di Bossi “ritirerebbe” il suo appoggio alla maggioranza e il Governo “cadrebbe”. Accorpare il referendum in qualunque altra data non elimina lo sperpero!

Il ragionamento di Berlusconi ed in generale di tutta la maggioranza (con la sola eccezione di
Gianfranco Fini) è che la caduta del Governo in questo momento si rivelerebbe “più dispendiosa" per il Paese e allora tanto vale scegliere il cosiddetto "male minore" e cioè lo "sperpero" di tutti quei milioni "sottratti" alla ricostruzione delle zone terremotate dell'Abruzzo.

Il Premier avrebbe potuto fare una scelta "diversa" se non altro per “dimostrare” la sua reale volontà alla ricostruzione, “imponendo” l'accorpamento e lasciando alla Lega la difficile "responsabilità" di rompere l'alleanza di Governo per "egoismo politico". Ne sarebbe uscito “vincitore” a pieno titolo quale “statista” a cui tiene a cuore l'interesse generale del Paese e dei sui cittadini “contro” chi invece punta solo al proprio interesse politico e di potere.

Purtroppo il Cavaliere sembra fare la scelta di "condividere" invece quella "responsabilità" con la Lega a “difesa” del proprio interesse politico di parte e "contro" i cittadini dell'Abruzzo. Egli pertanto non può dire che sceglie il "male minore" e quindi farebbe "bene", ma si "assume" così, insieme alla Lega, la stessa grave responsabilità dello "sperpero" anche se attua la strategia dello schiaffo a Bossi e un siluro a Fini.

Berlusconi perde così una “storica” occasione per riscattarsi, altro che Statista! A lui preme salvaguardare il suo "potere", non importa quel che costa! E con questo il Cavaliere si conferma ciò che è sempre stato (per chi lo critica) e non si smentisce mai purtroppo nemmeno davanti ad un evento così drammatico come il terremoto che ha devastato l’Abruzzo che da lui si aspetta il massimo impegno (sic).

Per quanto mi riguarda, da abruzzese (critico), non sono "sorpreso" perché ciò mi fornisce un ulteriore conferma sulla qualità del personaggio, ma ne sono "disgustato", questo si.

Tutti gli altri partiti piccoli interessati al "fallimento" del referendum sono dalla stessa parte di Berlusconi e della Lega ma "tacciono" per pura "convenienza" politica.

Se tutti costoro fossero realmente democratici "voterebbero" per far valere le loro ragioni al referendum con il quorum e non piuttosto “mirare” alla sua “invalidazione” incentivando alla non partecipazione! Un bell'esempio di democrazia, non c'è che dire!
Raffaele B.


Sardalien
14 aprile 2009
Referendum e/o soldi all' Abruzzo? (Guzzetta, Sindaco de L'Aquila, Maroni) - Ballarò 14.04.09
Aiutiamo terremotati... Destiniamo all'Abruzzo i soldi dei referendum!!
non tutti però sono daccordo...Prof. Giovanni Guzzetta (presidente comitato per i referendum) al telefono cerca di convincere Maroni

politichiamo
13 aprile 2009
IL COMITATO PROMOTORE DEL REFERENDUM
No agli sprechi! Referendum + Europee = risparmiati 400 milioni di euro !
Diffondete queste notizie, abbiamo pochissimo tempo !

ASCA
REFERENDUM: FINOCCHIARO, PAROLE FINI DI BUON SENSO MA STA VINCENDO LEGA
15-04-09
(ASCA) - Roma, 15 apr - ''Il Pd aveva già espresso la propria posizione sulla data del referendum. Si trattava di una posizione responsabile ed in sintonia con il sentire dei cittadini di queste settimane. Si deve e si può evitare uno spreco di risorse pubbliche, che sarebbero invece assolutamente necessarie per rispondere all'emergenza in Abruzzo''. Lo dice Anna Finocchiaro, presidente del gruppo del Pd al Senato.

''La dichiarazione di Fini di questa sera - continua Anna Finocchiaro - che nasce dal buon senso e da un'analisi responsabile dell'attuale situazione, smaschera il patto politico, il gioco di potere e il prezzo che il Pdl deve pagare alla Lega''.
red-njb/cam/ss

IL GIORNALE
Referendum Ecco perché si voterà il 21 giugno
giovedì 16 aprile 2009, 07:00

Silvio Berlusconi mastica amaro. Avrebbe anche accettato il voto accorpato con le europee al 7 giugno. Ma non l’ha potuto fare. La Lega minacciava di uscire dalla maggioranza. E l’Italia, con la crisi economica in atto e l’emergenza terremoto in Abruzzo, non può precipitare nel vuoto di potere. Ecco perché il premier ha ceduto a quello che qualcuno ha definito il «ricatto» di Bossi. «Va bene, va bene. Vada per il referendum il 21 giugno». Ma sia chiaro, il motivo è uno solo. «In questo momento è il male minore per l’Italia, che non si può permettere una crisi di governo». Che costerebbe molto più di quanto si risparmierebbe con l’election day.
«Non possiamo fare altro - si è sfogato - dobbiamo concentrarci sulle esigenze del Paese». Insomma, «abbiamo l’obbligo di mantenere i nervi saldi per senso di responsabilità». Perché una crisi di governo, oggi, paventata a chiare lettere dall’alleato in caso di accorpamento, rappresenta una «ipotesi da scongiurare in tutti i modi». E pur cosciente che con l’accorpamento si sarebbe potuto risparmiare una bella cifra, anche se solo cento milioni di euro e non i trecento urlati dai referendari, dà il via libera al Carroccio.
Il referendum, dunque, non si terrà il 7 giugno, quando si voterà solo per le Europee e, ove previsto, per le Amministrative. Ma quasi certamente il 21 giugno, data fissata per gli eventuali ballottaggi locali. È questa l’intesa che Berlusconi non può che siglare, bollata subito dal centrosinistra come un successo del Senatur, da sempre contrario allo schema bipartitico che uscirebbe fuori dal referendum. Anche se, a sentire proprio un bossiano doc, Roberto Calderoli, non si tratta di «vittoria della Lega», ma di «rispetto della Costituzione».
Ma tant’è. «Si è presa una decisione di maggioranza in relazione alla data del 21 giugno», spiega il ministro per la Semplificazione, lasciando palazzo Grazioli, poco dopo Roberto Maroni, al termine di una lunga riunione con il presidente del Consiglio, il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, i sottosegretari alla presidenza Gianni Letta e Aldo Brancher, i capigruppo del Pdl di Camera e Senato, Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri.
«Per fare questo, però - prosegue Calderoli - c’è la necessità di varare un provvedimento legislativo che fissi quella data», dato che il periodo utile per la consultazione scade, per legge, il 15 giugno. A tal proposito, riferisce, «il ministro dell’Interno è stato incaricato» di portare avanti «una consultazione tra le forze di maggioranza e di opposizione, per arrivare ad un largo consenso rispetto a questa decisione». Altrimenti, si dovranno chiamare gli italiani ai seggi pure il 14 giugno: per la terza volta in tre settimane, in alcuni casi, se si considerano primo e secondo turno delle Amministrative.
Dal canto suo, Cicchitto riassume l’esito dell’incontro: «C’è accordo su tutti i punti qualificanti ed è stata confermata la solidità della maggioranza» e il referendum «si terrà il 21 o il 14 giugno». Ma «per scegliere la data ci consulteremo anche con le forze dell’opposizione». «Se si vuole risparmiare», aggiunge Gasparri, meglio scegliere il 21.

In ogni caso, è pura utopia immaginare al momento un accordo con il centrosinistra. «Berlusconi ci tiene tanto a far sapere che lui comanda, ma poi ogni volta si piega ai ricatti di Bossi», attacca il leader del Pd, Dario Franceschini, secondo cui siamo dinanzi ad un «ricatto».
A far notizia, però, è il commento di Gianfranco Fini. «Sarebbe un peccato se, per la paura di pochi - scrive in una nota il presidente della Camera - il governo rinunciasse a tenere il referendum il 7 giugno, spendendo centinaia di milioni che potrebbero essere risparmiati».

AFFARITALIANI
Da Berlusconi schiaffo a Bossi e siluro a Fini
Giovedí 16.04.2009 14:54

L'uscita a sorpresa di Silvio Berlusconi ("Sul referendum la Lega era pronta a far cadere il governo") serve a scaricare i costi del mancato election-day sul Carroccio. La competizione elettorale nella maggioranza alle Europee è serrata e il premier, pur accontentando Bossi, mediaticamente vuol far apparire i padani come i responsabili delle spese superiori che lo Stato dovrà affrontare per referendum ed elezioni separati. Una mossa studiata a tavolino che punta a mettere nell'angolo l'alleato e a comunicare agli elettori che per garantire la stabilità del governo nei prossimi mesi e anni bisogna votare il principale partito, ovvero il Popolo della Libertà.

Si tratta di una strategia collegata all'ammorbidimento di alcune delle richieste leghiste, in particolare sulla sicurezza: accantonamento delle ronde e niente detenzione prolungata nei centri di identificazione dei clandestini. Quella del premier, però, è anche una stoccata al presidente della Camera, che si era detto "dispiaciuto" per il mancato accorpamento. Un modo per ribadire a Gianfranco Fini di non intromettersi nell'azione e nelle scelte dell'esecutivo.

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