giovedì, settembre 25, 2008

GIUSTIZIA – DOPO LODO ALFANO IL LODO CONSOLO

Ci risiamo, non contenti del “Lodo Alfano” ripartono di nuovo all’arrembaggio della Giustizia con un’altra “leggina” per “proteggere” tutti i “ministri” questa volta. È l’anticamera della reintroduzione della immunità parlamentare abolita nel 1993 dopo Tangentopoli.

Si tratta di un disegno di legge di due articoli presentato per tempo dal deputato di AN e PDL
Giuseppe Consolo l’8 maggio 2008 scorso e rimasto fra le varie proposte ancora da valutare in commissione ma improvvisamente diventato urgente in questi giorni!

Il deputato Giuseppe Consolo è l’avvocato del ministro delle infrastrutture Altero Mattioli nella foto. Il ministro è alle prese con un processo per un reato consumato al di fuori delle responsabilità ministeriali come sentenziato dal tribunale dei ministri della toscana ma nonostante ciò è riuscito a fermarlo perché divenuto nel frattempo senatore convinse il parlamento ad attribuire alla Consulta la decisione di bloccarlo o meno. Evidentemente il nostro ministro non si sente “sicuro” ed ecco che la proposta di legge diventa urgente!

Ovviamente la legge, pur riguardando tutti i ministri, in realtà ora serve solo a lui. Quindi un’altra legge ad personam!

Insomma la solita “strategia” della difesa dal “processo” anziché nel “processo” che solo persone con la “coscienza sporca” ma “potenti” possono concepire. D’altro canto non si fa che ripercorrere la stessa strada fatta per il Capo del Governo Berlusconi che con la scusa d’immunizzare le 5 massime cariche dello Stato, lui è l’unico ad averne bisogno!

Se continua così presto avremo un potere politico al di sopra della legge ed inattaccabile qualsiasi reato commettano come nella tradizione delle peggiori monarchie assolute!
Raffaele B.


REPUBBLICA
Giustizia, nuovo blitz del Pdl in arrivo l'immunità per i ministri
Il responsabile delle Infrastrutture è sotto processo per favoreggiamento a Livorno

Dopo il lodo Alfano, pronto il lodo Consolo per salvare Altero Matteoli
Il parlamentare, che è anche legale del ministro, ha preparato un apposito ddl


di LIANA MILELLA
25 settembre 2008

ROMA - Un lodo Alfano per il premier Silvio Berlusconi. Per bloccare i suoi processi Mills e Medusa. Quello è già fatto. È alle spalle. Adesso serve un lodo Consolo per il ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli, di cui Consolo è pure avvocato. Aennino il ministro, aennino il proponente. Tutto in famiglia. Com'è stato per il lodo Alfano. Uno scudo protettivo per fermare i processi alle alte cariche dello Stato fresco di pochi mesi. Un disegno di legge, pensato e scritto dal deputato Giuseppe Consolo, affidato alle cure del capogruppo di Forza Italia Enrico Costa, nelle prossime "priorità" della commissione Giustizia della Camera.


Una nuova porta aperta verso il definitivo ripristino dell'immunità parlamentare in stile 1948 per tutelare e mettere al riparo chi è già nei guai con la giustizia. In comune con il lodo Alfano la solita norma transitoria, quella che disciplina l'utilizzo di una legge, e che, anche in questo caso come per tutte le leggi ad personam, stabilisce che il lodo Consolo "si applica anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge".

Giustizia di casa nostra per tutto il governo Berlusconi. Stavolta per i suoi ministri. Per Matteoli in particolare, visto che a Livorno c'è un suo processo per favoreggiamento. Ma vediamo prima la proposta e poi la persona e il processo a cui si applica. Che si va a inventare Consolo per il suo cliente? Una leggina, due articoli in tutto, che rivoluziona le regole costituzionali per i reati ministeriali, quelli commessi da soggetti che sono, o sono stati, ministri. Un giochetto facile facile.

Rendere obbligatoria la richiesta di autorizzazione anche per i reati che, a parere del tribunale dei ministri, non meritano una copertura ministeriale e quindi, stando alle norme attuali, devono essere valutati e investigati dalla procura. Se, a parere dei pm e dei giudici, il delitto è stato commesso, il soggetto va a processo come un normale cittadino.
Eh no, questo a Consolo non sta affatto bene.
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Anche perché c'è giusto il suo compagno di partito e legalmente assistito, il ministro Matteoli, ex capogruppo di An al Senato nella scorsa legislatura, e prima ancora ministro dell'Ambiente, che nel 2005 viene messo sotto inchiesta dalla procura di Livorno per aver informato l'allora prefetto della città Vincenzo Gallitto che c'erano delle indagini sul suo conto per l'inchiesta sul "mostro di Procchio", un complesso edilizio in costruzione a Marciana, nell'isola d'Elba.
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Il tribunale dei ministri del capoluogo toscano decise che quel reato non aveva niente a che fare con la funzione di ministro ricoperta da Matteoli e rispedì le carte alla procura. Matteoli non si dette per vinto. Divenuto nel frattempo senatore convinse la Camera a sollevare un conflitto di attribuzione contro Livorno per la "ministerialità" del reato. La Consulta lo considera ammissibile e dovrà pronunciarsi. Nel frattempo il processo è congelato. Adesso Consolo lo vuole ibernare definitivamente.

Nel giorno in cui il Guardasigilli Angelino Alfano, alla Camera, strizza l'occhio all'opposizione, in particolare ad Antonio Di Pietro, e dice che si può "aprire un confronto su norme che vietino la candidabilità di persone che siano state condannate con sentenza passata in giudicato" e mentre il Senato, all'opposto, blocca la richiesta di arresti per il pidiellino Nicola Di Girolamo, ecco che si materializza il lodo Consolo, presentato per tempo l'8 maggio 2008, ma rimasto tra le proposte da valutare in commissione. All'improvviso esplode l'urgenza.


Con una legge che mette sullo stesso piano chi è ministro e ha commesso un reato nell'ambito delle sue funzioni, e quindi, in base all'articolo 96 della Costituzione, gode di una parziale tutela in quanto spetta alla Camera o al Senato dare il via libera all'indagine, con chi invece è pur sempre ministro, ma ha commesso un delitto nelle vesti di normale cittadino. Consolo pretende che il tribunale dei ministri trasmetta il fascicolo "con relazione motivata al procuratore della Repubblica per l'immediata rimessione al presidente della Camera competente".

Una surrettizia autorizzazione che verrebbe garantita a un comune cittadino giudicabile per un reato commesso in coincidenza con la funzione di ministro, ma al di fuori del suo lavoro di membro del governo. Un'indebita protezione ad personam, una sorta di invito a delinquere, perché tanto le Camere, come la storia cinquantennale dell'autorizzazione a procedere dimostra ampiamente, sono sempre pronte a negare ai giudici la possibilità di indagare.

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