giovedì, novembre 02, 2006

MICROSOFT – LIBERTÀ O CENSURA

CI SIAMO, LA MICROSOFT DI BILL GATES ORA SEMBRA VOLERE ABBANDONARE IL RICCO MERCATO DELLA CINA PER LE TROPPE "CENSURE" IMPOSTE SU INTERNET DALLE AUTORITÀ CINESI E DI CONSEGUENZA PER IL CLAMORE SUSCITATO DAI BLOGGERS E DALLE OPINIONI PUBBLICHE DI TUTTI I PAESI OCCIDENTALI CHE “CONDANNANO” QUESTA PRATICA DELLE MULTINAZIONALI QUALI MICROSOFT, GOOGLE, YAHOO E CISCO.

QUESTI IN EFFETTI "COLLABORANO" EFFETTIVAMENTE PER RENDERE "INTERNET" UN LUOGO DOVE NON PUÒ CIRCOLARE NESSUNA INFORMAZIONE "CONTRO" IL GOVERNO ED INOLTRE HANNO PERFINO "PASSATO" INFORMAZIONI PER FARE CATTURARE I "DISSIDENTI" O SEMPLICI BLOGGERS CRITICI VERSO IL GOVERNO. UN FATTO MOSTRUOSO ED INAUDITO PER LA OPINIONE PUBBLICA DEMOCRATICA.

SEMBRA CHE LA MICROSOFT STIA PER ARRIVARE AD UN PUNTO CRITICO DI SCELTA: TENERSI IL MERCATO CINESE CON LA CENSURA E ALIENARSI IL MERCATO OCCIDENTALE OPPURE ABBANDONARE LA CINA E TENERSI IL MERCATO OCCIDENTALE.

FORSE CI SIAMO, VISTO CHE QUI TOCCHIAMO LE “CORDE SENSIBILI” DELLE MULTINAZIONALI CHE NON SONO CERTAMENTE QUELLE DELLA LIBERTÀ DI COMUNICAZIONE E D’INFORMAZIONE MA I “PROFITTI SEMPRE” E NIENTE ALTRO.

COMUNQUE SIAMO ALLA PROMESSA, VEDREMO SE LA MICROSOFT LO FARÀ VERAMENTE, E COSA FARANNO LE ALTRE MULTINAZIONALI.
Raffaele B.


CORRIERE DELLA SERA
Microsoft: via dalla Cina, troppa censura
02 novembre 2006
Svolta del colosso informatico americano. Un funzionario: troppi vincoli alla libertà di informare, potremmo decidere di andarcene

ATENE (Grecia) - Le società di informatica e quelle che muovono Internet sono da sempre nel mirino, accusate di chiudere gli occhi di fronte al mancato rispetto dei diritti umani in Cina pur di non scontrarsi con le autorità locali e rischiare di essere allontanate dal ricco e crescente mercato asiatico. Ma ora qualcosa sembra che stia per cambiare e a produrre l'inversione di tendenza potrebbe essere la Microsoft di Bill Gates, la prima società tecnologica di rilievo mondiale pronta a ribellarsi alle censure imposte dal regime cinese al libero flusso delle informazion su Internet.
ARGOMENTI PROIBITI - Microsoft aveva a sua volta ammesso, non più tardi del gennaio di quest'anno, di aver bloccato di sua iniziativa il blog «scomodo» del dissidente cinese Zhao Jing, troppo critico verso il governo di Pechino. Cisco, dal canto suo, è stata ripetutamente accusata di aver fornito alla Cina i sistemi tecnologici per filtrare il web, quando non erano le stesse società a denunciare le «teste calde» alle autorità di Pechino: è il caso, quest'ultimo, dell'ufficio di Hong Kong di Yahoo! che ha fornito l'anno scorso alla polizia cinese l'indirizzo del giornalista Shi Tao, «reo» di aver diffuso sulla rete una circolare governativa con la quale si vietava ai giornalisti di parlare dell'anniversario del massacro di Tienanmen del 1989. Ad aprile del 2005, Shi Tao è stato condannato a dieci anni di carcere per aver «divulgato segreti di Stato».
LA GRADUATORIA DI RSF - La Cina, del resto, si trova al 163esimo posto nella graduatoria per la libertà di stampa redatta ogni anno da Reporters sans frontieres, l'organizzazione parigina per la libertà di informazione, che vede al primo posto la FInlandia.. In posizione peggiore risultano solo Myanmar, Cuba, Eritrea, Turkmenistan e Corea del Nord. E proprio Rsf ha spesso preso posizione contro il controllo del flusso e dei contenuti delle informazioni praticato da Pechino.
IL «MALE MINORE» - Microsoft e gli altri colossi tecnologici si erano sempre difesi sostenendo la teoria del male minore, ovvero il fatto che Internet, nonostante i filtri imposti dal regime, sia comunque una valida fonte di raccolta di informazioni per la popolazione, che malgrado le limitazioni può accedere a contenuti che esulano dalle veline dei media controllati da Pechino, le sole che circolano attraverso giornali, radio e tv. Si calcola infatti che siano almeno 120 milioni i cinesi che possono accedere a internet e che quindi possono leggere e informarsi. Ma proprio Microsoft ha deciso di impegnarsi a fare qualcosa di più per dare seguito alle proteste di ong e associazioni come Amnesty International. E per la prima volta si è detta pronta a fare il fatidico passo indietro. Resta ora da vedere se ai buoni propositi seguiranno i fatti e, soprattutto, quali saranno le mosse degli altri operatori del settore.

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